Cassazione civile , sez. III, sentenza 24.07.2007 n° 16327
Raccomandata – prova certa – avviso di ricevimento – necessità – insussistenza [art. 1335 c.c.]
La lettera raccomandata – anche in mancanza dell’avviso di ricevimento – costituisce prova certa della spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell’atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 24 luglio 2007, n. 16327
Svolgimento del processo
Con atto 4 gennaio 1999 S. E., titolare dello X., ha convenuto in giudizio, innanzi al giudice di pace di Caserta, C. A. G. chiedendone la condanna al pagamento della complessiva somma di lire 3.000.455, oltre interessi dalla scadenza al saldo, reclamata a saldo di prestazioni pubblicitarie eseguite negl’interessi del convenuto.
Costituitosi in giudizio il convenuto ha resistito alla avversa domanda deducendone la infondatezza, atteso che aveva disdettato il contratto inter partes già nell’aprile del 1987 e ha spiegato, in via riconvenzionale, domanda per ottenere la somma di lire 2.500.000 a titolo di danni, morali e materiali, patiti per fatto della controparte.
Svoltasi la istruttoria del caso l’adito giudice, con sentenza 31 maggio – 5 giugno 2000 ha condannato il convenuto al pagamento della somma reclamata dalla attrice (lire 3.000.445) oltre interessi legali, rigettata la riconvenzionale.
Gravata tale pronunzia dal C., nel contraddittorio della S. che, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto della proposta impugnazione, il tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Caserta, con sentenza 8 – 11 luglio 2002, in totale riforma della sentenza del primo giudice ha rigettato la domanda attrice, compensato le spese del giudizio di primo grado e posto a carico dell’attrice – appellata le spese del giudizio di appello.
Per la cassazione di tale ultima pronunzia, non notificata ai fini del decorso del termine di cui all’art. 325 c.p.c., ha proposto ricorso, affidato a due motivi, con atto notificato il 4 agosto 2003, lo X. di E. S..
Resiste, con controricorso, C. A. G., titolare della omonima ditta.
Il Pg ha chiesto la trattazione della causa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Il giudice di secondo grado ha rigettato ogni domanda della S., titolare dello X., sul rilievo che il C. con raccomandata spedita il 3 aprile 1987 aveva – nei termini previsti – disdettato per la scadenza del 22 dicembre 1989, il contratto inter partes si che non esisteva titolo, in capo alla S., di pretendere le somme reclamate con la citazione introduttiva di primo grado.
La circostanza che la disdetta sia stata portata a conoscenza dello X. – ha evidenziato la pronunzia impugnata – è attestata dalla ricevuta della raccomandata, prodotta anche in originale dal C., spedita alla appellata presso il domicilio dello X., via Duomo n. 14, Capua, sede legale e amministrativa di tale studio, quale risulta anche dalle fatture prodotte in atti.
Deve, pertanto, trovare applicazione – ha evidenziato la sentenza impugnata – la presunzione di conoscenza stabilita a carico del destinatario dall’art. 1335 c.c., ove il destinatario non provi di essere stato senza sua colpa nella impossibilità di avere notizia dell’atto a lui diretto, se detto atto sia giunto al suo indirizzo.
2. Parte ricorrente censura la riassunta pronunzia denunziando nell’ordine:
– da un lato «violazione e falsa applicazione degli articoli 1324, 1352, 1366 e 1375 c.c. in riferimento all’art. 12 delle condizioni generali del contratto ai sensi del comma 3 art. 360 c.p.c. nonché omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione sul punto decisivo della controversia in riferimento al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. per non avere considerato il giudice di appello che le parti con l’art. 12 delle condizioni generali del contratto, mai contestato, avevano tassativamente stabilito, per la disdetta del contratto l’uso della raccomandata con avviso di ricevimento» [primo motivo];
– dall’altro «violazione e falsa applicazione dell’art. 1335 c.c. in riferimento all’art. 360 n. 3, nonché omessa, insufficiente ed illogica motivazione sul punto decisivo della controversia, per avere il giudice di merito applicato la presunzione di conoscenza del destinatario, senza che sia stata data la prova che la raccomandata sia comunque pervenuta nel domicilio del destinatario, ma consegnata a persona diversa», atteso che la giurisprudenza di legittimità insegna che la presunzione in parola viene meno quando sia escluso o non provato che la consegna sia stata eseguita nel domicilio effettivo [secondo motivo].
3. Come puntualmente eccepito dal Pg il proposto ricorso, per alcuni versi inammissibile, per altri manifestamente infondato, non può trovare accoglimento.
Sotto nessuno dei profili in cui si articola.
3.l. Giusta quanto assolutamente pacifica presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice – e da cui totalmente e senza alcuna motivazione prescinde parte ricorrente – si osserva che nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni che postulino indaG. ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni non abbiano formato oggetto di gravame o di contestazione nel giudizio di appello (Cass. 16 agosto 2004, n. 15950; Cass. 19 marzo 2004, n. 5561).
Contemporaneamente, non può tacersi che ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 5 aprile 2004, n. 6656).
Pacifico quanto precede si osserva, da un lato, che il problema del contenuto della clausola 12 del contratto inter partes, circa la necessità di una raccomandata con ricevuta di ritorno, ai fini della validità della disdetta non risulta in alcun modo affrontato dalla sentenza impugnata, dall’altro, che parte ricorrente pur assumendo, nella esposizione in fatto, che la clausola in questione prevede che la disdetta dal contratto del 22 dicembre 1980 doveva essere comunicata con raccomandata con avviso di ricevimento, non precisa in quale occasione, nel corso del giudizio di merito, abbia eccepito la non conformità della «disdetta» che il C. assumeva di averle inviato alla «forma» (raccomandata con ricevuta di ritorno) prevista contrattualmente.
È evidente, pertanto, concludendo sul punto, che il primo motivo deve essere dichiarato inammissibile perché non conforme al modello legale.
3.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, ritiene la Corte che esattamente il giudice di secondo grado ha ritenuto che la manifestazione di volontà di parte concedente di non proseguire il rapporto, alla sua scadenza sia giunta a conoscenza del destinatario (cfr. Cass. 15 luglio 1987, n. 6243; nonché Cass. 28 luglio 1993, n. 8406).
Ai fini dell’art. 1335 c.c., infatti, per domicilio del destinatario deve intendersi il luogo più idoneo per la ricezione che, in base ad un criterio di collegamento ordinario (dimora o domicilio) o di normale frequenza (luogo di esplicazione di un’attività lavorativa) o per una preventiva indicazione o pattuizione, risulti in concreto nella sfera di dominio e controllo del destinatario stesso, sì da apparire idoneo a consentirgli la ricezione dell’atto e la cognizione del relativo contenuto (tra le tantissime, Cass. 12 ottobre 1991, n. 10751; Cass. 25 luglio 1987, n. 6471).
Tale può, pertanto, dirsi la «sede legale e amministrativa» dello X., quale risultante dalle fatture da questo emesse.
Contemporaneamente, alla luce di una giurisprudenza decisamente maggioritaria di questa Corte regolatrice che nella specie deve essere ulteriormente confermata, si osserva – in termini opposti, rispetto a quanto invoca l’odierno ricorrente – che la lettera raccomandata – anche in mancanza dell’avviso di ricevimento – costituisce prova certa della spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell’atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso.
Spetta, pertanto, al destinatario l’onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza dell’atto (Cass. 16 gennaio 2006, n. 758).
In altri termini, la produzione in giudizio della lettera raccomandata con la relativa ricevuta di spedizione attestata dall’ufficio postale – anche in mancanza dell’avviso di ricevimento – costituisce prova certa della spedizione e da essa consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell’atto al destinatario e della sua conoscenza ex art. 1335 cod. civ. dello stesso e tale presunzione è superabile dal destinatario attraverso elementi di prova contrari (Cass. 13 aprile 2006, n. 8649; Cass. 25 settembre 2006, n. 20784).
4. Risultato manifestamente infondato il proposto ricorso, in conclusione, deve rigettarsi, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate in € 100,00 per spese, oltre € 600,00 per onorari, oltre spese generali come per legge.