Condominio, amministratore, attività straordinaria, compenso extra, sussistenza
Cassazione civile , sez. II, sentenza 28.04.2010 n° 10204
Sentenza 28 aprile 2010, n. 10204
Svolgimento del processo
Con citazione 8.3.96 il Condominio di via **** conveniva in giudizio, avanti a Tribunale di Milano, l’ex amministratore dott. C.G. chiedendo che, previo accertamento di una serie di irregolarità gestionali poste in essere dallo stesso in violazione degli obblighi del mandato e per l’arbitraria autoliquidazione di compensi per L. 143.468.604, fosse condannato al pagamento della somma complessiva di L. 364.679.297 oltre accessori. Il convenuto, costituito, contestava l’avverso dedotto e in via riconvenzionale chiedeva che il Condominio fosse dichiarato suo debitore della predetta somma di L. 143.468.604.
L’adito Tribunale, disposta la comparizione personale delle parti, rimasta senza esiti conciliari, e acquisita la documentazione prodotta, all’esito della disposta c.t.u., con sentenza n. 11168/2001, in parziale accoglimento della domanda del Condominio, condanna il convenuto al pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di circa 252 milioni, oltre spese legali, così come accertato nella disposta c.t.u.. La Corte di Appello di Milano con sentenza n. 693/04, depositata il 9.3.04 respingeva l’impugnazione proposta dal C. che condannava alle spese del grado.
Per la cassazione della decisione ricorre il C. esponendo due motivi, cui resiste il Condominio con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1709 e 170 c.c., artt. 35 e 36 Cost., artt. 113 e 115 c.p.c., nonchè per difetto di motivazione sul punto ha ritenuto infondata la tesi del ricorrente secondo cui l’assemblea non aveva deliberato il compenso per l’intera attività svolta, vale a dire per il contenuto complessivo del mandato, che non era limitato all’ordinaria gestione:
La doglianza è infondata: ed infatti, questa Corte ha già avuto modo di affermare che l’attività connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali e non esorbitante dal mandato con rappresentanza deve ritenersi compresa nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa di durata annuale e non deve essere retribuita a parte (Cass. 12 marzo 2003 n. 3596).
Sul punto risulta accertato che l’assemblea del 2.6.94, approvando il preventivo di spese ordinarie 1994 – 1995 e, quindi, per il periodo di gestione del C., ha quantificato il compenso in L. 26.000.000 per l’attività di amministrazione, mentre nessun compenso ulteriore è stato deliberato per la gestione straordinaria.
Diverso discorso è a farsi per quanto attiene il secondo motivo di ricorso, con cui, deducendo inesatta applicazione degli artt. 113 e 115 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e difetto di motivazione, si contesta l’assunto che la perizia svolta in sede penale non avrebbe rilievo in sede civile e, quindi, che i risultati della perizia contabile circa le spese addebitate in più al Condominio, rispetto al preventivo approvato dall’assemblea, in quanto prive di supporto documentale e delle relative delibere.
Le doglianze sono solo in parte infondate:
Ben vero, per quanto attiene all’utilizzabilità in sede civile dei risultati della perizia penale, va rilevato che è pacifico in giurisprudenza la utilizzabilità dei risultati della perizia penale su specifiche voci contestate in sede di contenzioso civile.
Per quanto attiene all’omesso esame di specifiche contestazioni che non riguardino l’autonoma attribuzione del compenso, va rilevato quanto segue.
Non è stata data adeguata risposta alla tesi difensiva del C., già sollevata in sede di appello, secondo cui la morosità risaliva a precedenti gestioni non era stata sanata per mancanza di fondi, tanto da comportare anticipazione di somme da pare del ricorrente (circostanza che troverebbe conferma nella perizia penale).
Il ricorrente deduce che è stato ignorato quanto dedotto in atto di appello e cioè che al c.t.u. era stata fornita la documentazione del concreto versamento dei rimborsi attuati: più specificamente, per quanto attiene alla fattura DA.CO., la Corte di merito ritiene che “le doglianze del C. non attengono al dato essenziale costituito dal fatto che “nessuna delibera dell’assemblea vi è stata circa la creazione di un vialetto in beole (con successivo ripristino)”.
Deduce il ricorrente che la Corte di merito ha ignorato la rilevanza dell’approvazione del relativo consuntivo.
Per quanto attiene al rimborso Candido, la Corte di merito assume che “alcuno specifico elemento documentale e contabile è offerto a smentita della ricostruzione inerente al rimborso Ca.”:
Deduce il ricorrente che si è ignorato quanto dedotto a pag. 12 dell’atto di appello e cioè che agli atti esisteva “la lettera e la copia dell’assegno al Prof. Ca.”.
Per quanto attiene all’esposizione delle spese per L. 32.518.217 (stampa, invio fascicoli, ecc.) assume la Corte di merito che alcuno elemento contabile e documentale è offerto a smentita della ricostruzione operata dal c.t.u. in ordine all’esposizione di tale somma.
Assume il ricorrente che le spese per l’invio dei fascicoli stampa sono documentate e manca una specifica censura al riguardo.
Infine, afferma la sentenza impugnata che “per quanto riguarda le spese di manutenzione del giardino, specificamente afferenti al periodo di gestione C. le valutazioni espresse dal c.t.u. (v. pagg. 52 e segg.) non sono inficiate dalle produzioni effettuate in questa sede”.
Deduce il ricorrente che anche su questa questione non vi è stata specifica censura in sede di appello.
Ritiene questo Supremo Collegio che la sentenza impugnata, per le ragioni suesposte, meriti un approfondimento su tali specifici punti elencati con il secondo motivo di ricorso, ragione per cui va cassata in relazione con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della stessa Corte d’Appello di Milano.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo nel senso di cui in motivazione; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.