Cassazione II civile del 30.04.2012, n. 6624

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Fioriere parti non comuni, a carico del singolo.
Cassazione II civile del 30.04.2012, n. 6624
Svolgimento del processo
A.M.C. , con atto notificato in data 16.7.97 conveniva in giudizio avanti al tribunale di Roma, il Condominio di via degli (…) e, premesso di essere proprietaria dell’appartamento posto all’ultimo piano dell’edifico 1 scala A, con annesso terrazzo delimitato da ringhiera, all’esterno della quale erano state realizzate dall’impresa costruttrice una serie di fioriere in cemento armato a coronamento e copertura del cordolo posto sulla sommità delle murature perimetrali dell’edificio e che le stesse fioriere erano state sempre considerate di proprietà comune, con conseguente suddivisione e ripartizione delle relative spese; tutto ciò premesso, impugnava la delibera assembleare del 19.6.97 che aveva stabilito di porre a carico dei condomini proprietari delle terrazza le spese relative alla parte interna delle fioriere in questione, lasciando a carico del Condominio solo quelle riguardanti il lato esterno delle fioriere stesse. Si costituiva il Condominio chiedendo il rigetto della domanda siccome infondata; interveniva in giudizio il condomino Do.Ca. aderendo alla domanda spiegata dalla C. e chiedendo l’estensione nei suoi confronti degli effetti della medesima.
L’adito Tribunale di Roma, con sentenza n. 41263/02 rigettava la domanda attrice e dell’interveniente volontario che condannava in solido al pagamento delle spese di lite. Avverso tale sentenza proponeva appello la C. chiedendone l’integrale riforma. Si costituiva il Ca. , aderendo al gravame, ed il Condominio che ne sollecitava il rigetto. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 2923/05 depositata in data 28.6.2005, in accoglimento del gravame, dichiarava la nullità della delibera del 19.6.97 e condannava il Condominio al pagamento delle spese del doppio grado. Secondo la Corte romana le fioriere in questione lungi dall’assolvere ad una funzione meramente ornamentale, costituivano invece parte integrante della struttura dello stabile, non solo perché spiegavano una funzione di copertura delle strutture portanti dell’edificio, ma anche e soprattutto perché inserite in un progetto complessivo dello stabile condominiale, quali parte integrante nel profilo architettonico del medesimo, per cui, in conseguenza dell’utilità assolta, esse dovevano ritenersi appartenere al condominio, con ogni conseguenza sulla ripartizione delle spese.
Avverso la predetta pronuncia, ricorre per cassazione il Condominio di via degli (…) sulla base di una solo mezzo; resistono con controricorso gli intimati. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
In via preliminare entrambi i controricorrenti hanno dedotto l’invalidità della delibera dell’assemblea condominiale del 3.12.12 con cui tale organo, autorizzando l’amministratore alla proposizione del presente ricorso per cassazione, ne ratificava e convalidava l’operato pregresso (Cass. n. 18331 dei 6.8.2010); ciò in quanto detta delibera risulta adottata dall’assemblea condominiale non validamente costituita avendovi partecipato soli 438 millesimi e quindi meno della metà del valore dell’edificio (art. 1136, commi 1 e 2 c.c.).
Secondo il Collegio l’eccezione è priva di pregio atteso che trattasi di delibera annullabile e non nulla, che non risulta oggetto d’impugnazione da parte dei condomini ex art. 1137 c.c.
Passando all’esame del primo ed unico motivo del ricorso, con esso il ricorrente Condominio denunzia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1117 e 1125 c.c. in relazione all’art. 360 n.5 c.p.c. Sostiene che il giudice di 2 grado ha disatteso l’ormai consolidata giurisprudenza secondo cui i balconi aggettanti, costituendo un prolungamento della corrispondente unità mobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa.
Peraltro soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale fanno parte dei beni comuni condominiali, ma devono inserirsi nel prospetto dell’edificio contribuendo a renderlo esteticamente gradevole; tutto ciò nella fattispecie deve escludersi, avuto riguardo alla relazione del CTU, atteso che le predette fioriere non sono che comuni vasconi prefabbricati in calcestruzzo, privi di particolare pregio, che non possono avere alcuna valenza architettonica.
La doglianza appare fondata.
In effetti secondo la giurisprudenza della S.C. nel condominio degli edifici e con riferimento ai rapporti tra la generalità dei condomini, i balconi aggettanti, costituendo un “prolungamento” della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa; soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore si debbono considerare beni comuni a tutti, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole. (Cass. n. 14576 del 30/07/2004; Cass. n. 587 del 12.1.11; Cass. n. 15913 del 17/07/2007).
Ora sulla base della CTU espletata e tenuto conto della conformazioni di tali manufatti (comuni “vasconi” trapezoidali di calcestruzzo posati sul cordolo e non sporgenti) deve escludersi o almeno deve dubitarsi, che gli stessi abbiano un qualche pregio artistico e facciano parte del decoro architettonico dell’edificio ovvero costituiscano parte integrante della struttura dello stabile; avuto riguardo inoltre alla loro prevalente funzione di protezione della terrazza, di cui fungono da parapetto non essendo al riguardo sufficiente ai fini protettivi il solo corrimano, così come in concreto realizzato.
Ciò posto non può condividersi il ragionamento della corte capitolina secondo cui le c.d. fioriere farebbero parte “di un progetto complessivo dello stabile quale parte integrante del profilo architettonico” per cui esse devono ritenersi appartenere al condominio e non ai soli condomini proprietari del lastrico solare a cui accedono, come invece sembrerebbe più corretto e logico.
Conclusivamente il ricorso dev’essere accolto; la sentenza dev’essere conseguentemente cassata, con l’invio della causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, anche per le spese di questo giudizio, che si adeguerà al principio di diritto di cui sopra.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche pei le spese di questo giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.