Cassazione civile , sez.II, sentenza 01.07.2004 n° 12013
Il condomino creditore che intenda agire in executivis contro il singolo partecipante al condominio per il recupero delle spese di conservazione dell’immobile accertato con sentenza, deve rivolgere la propria pretesa, sia per il credito principale, che per credito relativo alle spese processuali, contro chi rivestiva la qualità di condomino al momento in cui l’obbligo di conservazione è insorto, e non contro colui che tale qualità riveste nel momento in cui il debito viene giudizialmente determinato.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12013 del 1 luglio 2004, ricordando che l’obbligo di ciascun condomino di contribuire alle spese di conservazione delle parti comuni insorge nel momento in cui si rende necessario provvedere all’esecuzione dei lavori necessari, e non quando il debito viene determinato in concreto, in caso di sentenza di condanna pronunziata nei confronti del condominio per inosservanza dell’obbligo di conservazione delle cose comuni.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 10/2/89 alcuni condomini dello stabile sito in Castellaneta, Via …………….., tra cui N.M., A.M. e D.M., convennero il Condominio davanti al Tribunale di Taranto per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti dalla N. a causa del mancato rifacimento del solaio di copertura del fabbricato, i cui lavori, benchè approvati dall’assemblea con delibera del 5/4/86, non erano stati eseguiti.
Al termine dell’istruzione, durante la quale con provvedimento ex art. 700 c.p.c. fu ordinato al Condominio di eseguire i lavori in questione, il Tribunale, con sentenza n. 1395/95, dichiarò cessata la materia del contendere sulla domanda risarcitoria e, ritenuta la soccombenza sostanziale del Condominio, lo condannò al pagamento in favore degli attori delle spese processuali, liquidate in complessive lire 5.193.000.
Divenuta la sentenza esecutiva, la N., l’A. e il D., con arto di precetto del 3/6/96, intimarono a C.A., quale proprietaria di un appartamento facente parte dell’edificio condominiale, il pagamento di lire 3.518.000, a titolo di spese processuali dovute in forza della sentenza.
La C. propose opposizione al precetto con atto del 14/6/96, col quale, convenendo davanti al Giudice di pace di Taranto gli intimanti nonchè la propria dante causa F.M., dalla quale con rogito del 30/11/91 aveva acquistato l’appartamento, chiese che fosse dichiarato il proprio difetto di legittimazione passiva, accertando e dichiarando che obbligata al pagamento della somma di cui al precetto era la F., sia perchè rivestiva la qualità di condomina all’epoca in cui era insorta la lite tra gli intimanti e il Condominio, sia perchè aveva espressamente garantito, all’atto della vendita, di sollevare l’acquirente da ogni responsabilità e spesa relative alle controversie pendenti sull’appartamento compravenduto.
Gli opposti resistettero alla domanda chiedendone il rigetto, pur ribadendo – la F. – il suo impegno a manlevare la C. dall’eventuale esito negativo della lite.
Con sentenza 27/11/97 il Giudice di pace, ritenuto che obbligata al pagamento era la F., perchè all’epoca dell’introduzione della causa davanti al Tribunale di Taranto, rivestiva ancora la qualità di condomina, accolse l’opposizione condannandola a pagare direttamente agli intimanti la somma di cui al precetto.
La decisione venne riformata dal Tribunale di Taranto che, in accoglimento dell’appello proposto dalla sola N., con sentenza 26/9/2000 rigettò l’opposizione della C. e, ritenuta costei tenuta al pagamento in quanto rivestiva la qualità di condomina al momento della pronunzia della sentenza posta a base del precetto, la condannò a pagare ai tre intimanti la somma indicata nel detto precetto; inoltre, condannò la F. a tenere indenne la C. delle somme versate in conseguenza della pronunzia.
Contro la decisione la C. ha proposto ricorso per Cassazione per un unico motivo.
Al gravame ha resistito la N. con controricorso.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Con un unico motivo di censura si denunciano plurime violazioni di legge ( artt. 99 e 112 c.p.c.; artt. 192, 1123, 2699 e segg. c.c.) nonchè motivazione insufficiente, generica, anzi inesistente, per avere la sentenza ritenuto la ricorrente obbligata al pagamento della somma di cui al precetto soltanto perchè la stessa rivestiva la qualità di condomina al momento della pronuncia della sentenza del Tribunale di Taranto n. 1395/95 costituente il titolo esecutivo in base al quale il precetto era stato intimato, senza prima accertare chi, nel caso di specie, doveva essere ritenuto debitore. In particolare, secondo la ricorrente, non sarebbe stato considerato dal giudicante che l’obbligazione principale (e cioè quella risarcitoria, che aveva formato oggetto del precedente giudizio conclusosi con la detta sentenza n. 1395/95 del Tribunale di Taranto) era sorta con la delibera che, nel lontano 1986, aveva approvato l’esecuzione dei lavori di rifacimento del solaio del fabbricato condominiale, a cui aveva fatto seguito, nel 1989, la citazione con cui la N. (attuale resistente) ed altri condomini avevano chiesto la condanna del Condominio al risarcimento dei danni derivati dalla mancata esecuzione dei lavori, e che, pertanto, la sentenza n. 1395/95 che aveva definito quel giudizio doveva essere intesa solamente come determinazione e liquidazione dell’onere gravante sul Condominio. Di conseguenza, osserva ancora la ricorrente, ai fini dell’individuazione del soggetto tenuto al pagamento delle spese processuali di quel giudizio, doveva farsi riferimento alla F., che al momento dell’insorgere dell’obbligazione principale rivestiva la qualità di condomina, e non invece alla ricorrente, divenuta condomina solo nel 1991, e cioè in epoca successiva non solo alla delibera, ma anche alla notifica della citazione.
La censura è fondata.
Il precetto intimato alla ricorrente aveva per oggetto le spese processuali liquidate dal Tribunale di Taranto con la sentenza n. 1395/95 che, ponendo fine alla lite instaurata dalla N. e da altri condomini contro il Condominio per ottenere il risarcimento dei danni per mancata esecuzione di lavori condominiali deliberati dall’assemblea, aveva accertato la mancata esecuzione dell’obbligo e la conseguente responsabilità del Condominio ponendo a carico dello stesso, quale parte soccombente, le spese di lite.
Trattandosi di responsabilità per mancata esecuzione di lavori su una cosa comune (rifacimento del solaio di copertura del fabbricato), alla cui conservazione sono tenuti per legge tutti i partecipanti alla collettività condominiale, la sentenza in questione, accertativa della mancata esecuzione della prestazione, spiegava i suoi effetti, sia nel capo relativo all’obbligazione principale, sia nel capo relativo alle spese processuali, nei confronti di tutti coloro che, all’epoca in cui era insorto l’obbligo di conservazione, e cioè alla data di approvazione dei lavori da parte dell’assemblea, rivestivano la qualità di condomini e che, in ragione di tale qualità, erano tenuti a rispondere dei danni e delle spese, anche processuali, determinate dall’inosservanza dell’obbligo.
Ed invero, come questa Corte ha ripetutamente affermato, l’obbligazione di provvedere alle spese per la conservazione delle cose comuni, trovando fondamento nel dovere, posto dalla legge, a cui ogni condomino è tenuto di tutelare l’integrità delle parti comuni, insorge nel momento in cui si rende necessario eseguire i lavori che giustificano la relativa spesa e non quando viene determinato il debito gravante in concreto su ciascun condomino (v. da ultimo, Cass. 6323/03).
Di ciò non ha tenuto conto la sentenza impugnata che, pur riconoscendo che il debito relativo alle spese processuali conseguiva dall’obbligazione principale dedotta in giudizio (e cioè quella di risarcire i danni derivati dall’inosservanza dell’obbligo di conservazione della cosa comune), anzichè imputare alla F., che al momento della delibera rivestiva la qualità di condomino e tale qualità aveva mantenuto anche dopo l’inizio della lite, ha ritenuto, invece, che obbligata al pagamento delle spese processuali era la ricorrente solo perchè costei rivestiva la qualità di condomina al momento della liquidazione, operata dalla sentenza, della somma dovuta in concreto.
In tal modo la sentenza non ha considerato che occorrendo fare riferimento, ai fini dell’individuazione dei singoli condomini responsabili della mancata esecuzione dei lavori, al momento in cui era insorto l’obbligo di conservazione della cosa comune, il medesimo criterio di imputazione doveva essere applicato anche per le spese processuali, quale obbligazione accessoria della principale.
In accoglimento del motivo, la sentenza va, pertanto, cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame da effettuarsi alla luce del seguente principio di diritto: poichè l’obbligo di ciascun condomino di contribuire alle spese di conservazione delle parti comuni insorge nel momento in cui si rende necessario provvedere all’esecuzione dei lavori necessari, e non quando il debito viene determinato in concreto, in caso di sentenza di condanna pronunziata nei confronti del condominio per inosservanza dell’obbligo di conservazione delle cose comuni, il condomino creditore che intenda agire in executivis contro il singolo partecipante al condominio per il recupero del proprio credito accertato dalla sentenza, deve rivolgere la propria pretesa, sia per il credito principale, che per credito relativo alle spese processuali, contro chi rivestiva la qualità di condomino al momento in cui l’obbligo di conservazione è insorto, e non contro colui che tale qualità riveste nel momento in cui il debito viene giudizialmente determinato.
Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Taranto, altra sezione, per nuovo esame.